sabato 13 agosto 2011

Partenza

Partire è sempre un po' morire...non nel senso vero del termine, s'intende, nel senso figurativo...certo, partire è sempre un po' morire, soprattutto quando si parte da un posto dove si sono passati mesi piacevoli e dove si ha comunque avuto la sensazione di essere a casa, nonostante la lingua diversa, il cibo diverso, senza famiglia, un po' spaesati ma pieni di entusiasmo.

Lo so che alcuni mi rimproverano questo mio amore per gli Stati Uniti, ma qui, e tutti quelli che ci sono stati (ad abitare, non in vacanza) lo possono confermare, si ha la sensazione di poter fare tutto. Ma soprattutto si ha la sensazione, e spesso poi la certezza, che se ti dai da fare, se fatichi, se lavori, poi alla fine vieni ricompensato e diventi quel qualcuno che vuoi essere. Non è mai troppo tardi per diventare quello che vorresti essere. E' la frase del mio blog ed è quello che secondo me meglio descrive le possibilità che questo paese offre a tutti. Ed è vero. E' maledettamente vero.

 Non è come in Italia dove è come lottare contro i mulini a vento, dove io non posso lavorare nello stesso dipartimento di mio marito (anche se faccio cose diversissime) ma il Trota può essere consigliere regionale (anche se il Cepu deve andare a fargli lezioni private a casa), dove bisogna continuamente lottare contro la burocrazia, dove ancora avere lo stesso cognome di tuo padre può portarti alle stelle o lasciarti nelle stalle a seconda di chi sta al governo, dove ho avuto sempre di più la sensazione di lottare contro i mulini a vento, e dove le persone ti licenziano mandandoti una mail.

Certo, questo paese ha tutti i suoi limiti, non li voglio negare. Ma qui...qui quando cammini e vedi intorno a te persone di mille etnie diverse, in cui le persone di tengono ancora aperta la porta e dicono grazie,  dove la vita è dura ma sa darti grandi gratificazioni...non lo so, mi lascia aperta la porta della speranza che forse non tutto è perduto e forse un giorno potrò diventare quello che ho sempre voluto essere.

martedì 9 agosto 2011

La lunga lista...della pigrizia.

Ieri siamo stati in un super negozio di articoli sportivi. Visto che (per il momento) il cambio euro-dollaro è ancora favorevole e ultimamente sono riuscita ad fare un po' di movimento in più (grazie alle grandi distanze americane), avevo pensato di comperarmi un paio di scarpe da ginnastica nuove, con il proposito di andare in palestra una volta tornata in Italia.
Dopo averne provate tipo dieci paia...suola grossa, suola rinforzata, plantare laterale, neutral, stability, più molleggiate, meno molleggiate, bianche, nere, fucsia, in saldo, nuovo modello, modello più scelto, marca che fa solo scarpe per correre... per fortuna che il commesso è in parte italiano e pure simpatico e non ha tentato, al decimo paio, di strozzarmi...ho scelto queste.
 Comode, fashion, non particolarmente care; le ho fatte portare in cassa finchè facevo un altro giro per il negozio aspettando che Antonio provasse le sue, di scarpe.
Finchè giravo per il negozio, però, ho notato una serie di altre cose e ho pensato: "Toh, guarda, ce l'ho anch'io a casa".
Tra queste:
- una racchetta da tennis con le sue palline, scarpe e completini da tennis per quando ho deciso che avrei giocato a tennis, per riprendere uno sport della giovinezza; mai più usati.
- costume olimpionico, cuffietta, occhialini, ciabette e accappatoio per quando ho deciso che sarei andata a nuotare, perchè il nuoto è lo sport più completo; usati forse 2 volte.
- scarpe da trekking, pantaloncini con tasche laterali, cappellino per quando avevo pensato che andare a camminare in montagna poteva essere un'idea simpatica; usati solo per andare a Sauris.
- tappetino di gomma, pantaloni e maglietta, mattoncino di gomma perchè lo yoga rilassa la mente e potenzia il corpo; usati per qualche settimana, poi mi devo essere lussata l'osso sacro facendo qualche posizione in maniera erronea.
Ho lasciato le scarpe in negozio.

venerdì 5 agosto 2011

Food Food Food

Siccome sono agli sgoccioli...adesso riesco solo a vedere le cose che mi mancheranno di questo Paese. E una di queste è il cibo. Sì sì è perchè sono una golosona...però l'idea che ogni sera qui si può andare a mangiare qualcosa di diverso...yummi!!! Praticamente si può provare qualunque tipo di cucina. Cinese, thailandese (una delle mie preferite), giapponese, koreana, marocchina, indiana, brazilian steakhouse, americana (umh...bistecche e hamburger insomma), italiana (non la nostra, attenzione, la loro italiana), francese, spagnola, bistrò, i pancakes (all'IHOP, fantastico)(Andrea...prega il tuo Dio che sia aperto)(Adesso ringrazia il mio Dio che è aperto, papà)...fantastico. Davvero fantastico.
Devo aprire un ristorante. Questo potrebbe essere un cambiamento di vita davvero radicale.
Umh umh....

mercoledì 3 agosto 2011

Bellezze e stereotipi

All'inizio, quando sono arrivata, era anche piacevole. Mi sentivo spesso (abbastanza) dire "Ma guarda che bei capelli che hai...che bel colore...belli...". Siccome i miei capelli non mi sono mai piaciuti tanto, non stanno mai in ordine come vorrei io, hanno sempre un aspetto un po' "disordinato"...per cui, sì, era piacevole che qualcuno finalmente apprezzasse i miei capelli.
Visto che la vecchiaia avanza per tutti, ho dovuto trovare una parrucchiera locale. Dopo un po' di tentativi finalmente la "colorist" ha trovato il colore che mi piace e che mi sta bene. Ma era sempre un po'...titubante nel farmi il "rosso"...era sempre troppo marrone o troppo biondo. E la "stylist" ci provava ogni volta "Come li facciamo? Dritti?" oppure "Potresti tirarli questa volta" e ancora "Sai esiste la permamente al contrario"...e ricci proprio non le piacevano.
E poi finalmente ho capito. Ho iniziato a osservare le ragazze intorno a me. Non le afro-americane o le orientali, loro hanno i loro canoni e i loro parrucchieri (tra l'altro, dove io è meglio che non vada). Parlo di quelle che sono le ragazze "americane", quelle che ci sono nei film, insomma le discendenti degli europei che sono venuti qui tre secoli fa (perchè questo sono gli americani, ebrei e anglosassoni, tutti gli altri sono appunto..."gli altri").
Ho iniziato a guardare i loro capelli con occhi diversi e ho capito. Non stavano ammirando i miei capelli. Erano stupiti che io continuassi a tenerli così, corti, ricci e rossi.
Perchè le ragazze, qui, sono tutte uguali. Sono magre (sì, magre), vanno a correre o in palestra tutti i giorni, con gli orecchini di perla e il filo di perle, grossi anelli di fidanzamento con diamanti come ciliegie, con le scarpe di Tori Burch e le borse di Micheal Kors, bevono lo skinny Frappuccino, sono abbronzate ma artificiali, e i capelli: lunghi, dritti e biondi. A volte marroni. Ma mai ricci e rossi, o corti e neri, o ricci e neri.
Vabbè. Almeno io sono io. Persino l'omino dell'UPS me l'ha detto "E' difficile scordarsi di te, in mezzo a loro". Sarà stato un complimento? ;-)

lunedì 1 agosto 2011

Inefficienza americana

Oggi è la classica giornata no, quella che loro chiamano "Bad Hair Day". Cioè quando ti alzi la mattina e i capelli, anche se li hai appena lavati e laccati, non stanno proprio in nessuna maniera.
Oggi è una di quelle giornate marroni e puzzolenti, tanto per essere "creativa nella descrizione".
E in più, come se non bastasse, l'EFFICIENTISSIMO sistema postale americano ha DI NUOVO perso un mio pacchetto, spedito questa volta con la posta "Priority" (che va da sè costa di più e dovrebbe arrivare sempre e comunque). Ovviamente tutto il mondo è paese: la responsabilità non è di nessuno. Le poste americane: una volta che lascia il suolo americano non è più di nostra competenza. Quelle Italiane: ah no, non è una posta ordinaria, quindi è un corriere che se ne occupa. Chi è questo corriere nessuno lo sa. E siccome il mondo, tanto per usare luoghi comuni a go-go oggi, è pieno di furbi, i piccoli pacchetti non si possono assicurare.
Sarà finito in mezzo all'atlantico? C'è qualcuno che ruba pacchetti o che li lancia giù dall'aereo? Oppure qualcuno che li nasconde? Chi lo sa.
Fatto sta che il pacchetto non c'è e nessuno sa dov'è.
Che faccio?

sabato 30 luglio 2011

Starbucks

So che tutti sapete cos'è Starbucks.
E per chi non lo sa...è una catena di bar (bar?) dove vendono caffè, cappuccino, the, frappè, panini, succhi di frutta, pasticceria (la loro pasticceria, non la nostra pasticceria, non immaginatevi bignè e cannoli) e dove c'è internet gratis. Tu entri, prendi il tuo caffè, ti siedi sulle poltroncine o sui tavoli, ti colleghi gratis ad internet e puoi stare lì anche tutto il giorno. In genere sono localizzati lungo la strada, con belle vetrine grandi da cui puoi guardare il passeggio e fare people-watching, i bagni sono sempre puliti, a volte ci sono pure i giornali, hanno della buona musica di sottofondo, sempre diversa (di cui vendono anche il CD volendo).
Insomma, per me è un paradiso. E' vero che ho una specie di internet sul telefonino, che però va quando vuole, non va con skype, non va con i video e in genere si pianta quando sto per salvare qualcosa. Quindi Starbucks è il mio piccolo paradiso, da dove anche oggi vi sto scrivendo.
Come farò senza Starbucks in italia? Ecco, questa è una delle cose che mi mancheranno un sacco quando tornerò in Italia.
E non mi dite che anche noi abbiamo i bar, perchè lo Starbucks è tuuuuuutta un'altra cosa.
E per rinfrescarmi, oggi, un bel Frappuccino.